Terapie validate empiricamente nel trattamento della bulimia nervosa: valutazione retrospettiva dei pazienti

A cura di: Simona Calugi – AIDAP Firenze e Empoli

Fonte: Serpell L, Stobie B, Fairburn CG, van Schaick R: Empirically-supported and non-empirically supported therapies for bulimia nervosa: retrospective patient ratings. Journal of Eating Disorders 2013, 1:41 http://www.jeatdisord.com/content/1/1/41.

Nel trattamento della bulimia nervosa (BN) esistono delle psicoterapie che hanno dimostrato efficacia – la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e la terapia interpersonale (IPT) – però poco si sa sulla valutazione che i pazienti fanno degli esiti di queste terapie.

Per questo motivo Serpell e collaboratori hanno voluto valutare se le terapie psicologiche supportate empiricamente vengano percepite come più efficaci dai pazienti con BN, rispetto a terapie che hanno meno supporto empirico.

A tutti i partecipanti è stato inviato un questionario on-line che permettesse di valutare retrospettivamente i contenuti specifici della più recente psicoterapia effettuata per il disturbo dell’alimentazione e di indicare, su una scala da 0 a 100 il livello di miglioramento percepito sia sui sintomi del disturbo dell’alimentazione che su altri aspetti del benessere.

Dall’indagine emerge che, oltre la metà del campione, ha ricevuto una psicoterapia supportata empiricamente, soprattutto la CBT (50 partecipanti su 53). Coloro che hanno ricevuto la CBT erano poi suddivisi in due categorie, sulla base della qualità della CBT ricevuta. La prima categoria differenziava partecipanti che, al giudizio degli esperti, avevano ricevuto una CBT specifica per la bulimia nervosa (CBT-BN) e partecipanti che avevano ricevuto una CBT standard; la seconda categoria differenziava i partecipanti che, sulla base delle componenti chiave della CBT, avevano ricevuto una CBT adeguata o inadeguata. La specificità della terapia e la sua adeguatezza erano valutate separatamente.

I risultati ottenuti non sono univoci: i partecipanti che riferiscono di aver ricevuto una CBT-BN, hanno riportato un miglior esito del trattamento rispetto a coloro che hanno effettuato una CBT standard. Tuttavia, quando il confronto viene fatto tra CBT adeguata e inadeguata e tra trattamenti empiricamente supportati e trattamenti non empiricamente supportati, il giudizio dei partecipanti sugli esiti delle terapie è simile.

Questo studio, che per la prima volta prende in considerazione il punto di vista del paziente con BN e la sua percezione dell’esito delle terapie, è molto importante per due ragioni.

Primo, la CBT-BN è riconosciuta, anche dai pazienti, come l’intervento che ha migliori esiti rispetto alla CBT standard. Questo indica che la focalizzazione sui meccanismi di mantenimento psicologici specifici della bulimia nervosa è essenziale nel trattamento. Ciò dovrebbe spingere i clinici, anche coloro che praticano la CBT, a direzionare il loro intervento su ambiti specifici e a non intervenire indiscriminatamente su qualunque tipo di patologia. La sempre maggiore specializzazione della psicoterapia, così come nella medicina, permette di proporre interventi più raffinati e con più alta probabilità di successo.

Secondo, esiste una discrepanza tra percezione del paziente e trial clinici. Se da una parte in questa ricerca i pazienti che fanno terapie empiricamente supportate riferiscono esiti simili a coloro che fanno terapie non empiricamente supportate, dall’altra le linee guida sul trattamento della BN concordano nell’affermare che la CBT-BN sia la terapia d’elezione per il trattamento della BN grazie all’efficacia dimostrata in vari trial clinici (1-2). Questa discrepanza potrebbe dipendere dal modo in cui i singoli terapeuti agiscono nei loro setting e quanto si spingano nella condivisione con il paziente di un modello teorico e di obiettivi definiti. Mentre i terapeuti che utilizzano terapie empiricamente supportate (in particolare nel nostro caso la CBT) condividono con il paziente un modello teorico ben stabilito e definiscono con lui gli obiettivi da raggiungere, gli altri terapeuti lavorano con obiettivi meno definiti e spesso non condivisi con il paziente. Questo potrebbe portare il paziente a percepire effetti a-specifici della terapia come più importanti rispetto ad effetti specifici sulla patologia.

Purtroppo alcuni limiti metodologici mettono in discussione i risultati ottenuti. Primo tra tutti il basso numero di soggetti (98 in totale) non permette di raggiungere, a detta degli stessi autori, una potenza statistica sufficiente da rendere i risultati attendibili. Il secondo limite riguarda l’indagine retrospettiva, che, inevitabilmente, è inficiata dal bias del ricordo di terapie che possono essere state effettuate anche 10 anni prima. Infine, le scale di valutazione sull’adeguatezza e specificità della CBT, che sono state utilizzate in questo studio per la prima volta, richiedono una validazione accurata.