Rivoluzione nelle prossime raccomandazioni dietetiche americane: il colesterolo alimentare non è più dannoso per la salute

A cura di: Emanuela Ferrara

Associazione Disturbi dell’Alimentazione e del Peso (AIDAP). Verona

Durante i lavori per l’elaborazione delle  prossime Linee Guida alimentari per la popolazione americana, un gruppo di esperti ha proposto l’abolizione del  limite massimo di assunzione di colesterolo per le persone con ipercolesterolemia, eliminando quindi il valore soglia di 300 mg/die stabilito dalle stesse Linee Guida del 2010 [1]. Questa importante conclusione deriva dalla revisione delle attuali conoscenze scientifiche sull’effettiva correlazione tra  colesterolo assunto con la dieta e rischio cardiovascolare.

In particolare, esaminando  l’impatto di una dieta ricca in colesterolo su uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare, come i livelli di LDL plasmatiche, i risultati sono molto variabili. Molto dipende dall’individuo e dalle sue abitudini alimentari (per esempio dalla quantità di alimenti ricchi di fibra assunti). Anche se il colesterolo esogeno può avere un impatto, sappiamo finora che la cosa più importante per ridurre i livelli di LDL nel plasma è ridurre l’assunzione di grassi saturi in favore di grassi insaturi. In questo contesto quindi, la riduzione del colesterolo alimentare non sarebbe inutile, ma  neanche la cosa più importante da raccomandare a livello dietetico.

Inoltre i risultati di studi osservazionali sul rapporto tra il consumo dell’alimento con il più alto contenuto di colesterolo, le uova, e il rischio di eventi coronarici o ictus, non hanno mostrato nessun aumento del rischio cardiovascolare.  Però, secondo alcune meta-analisi di questi studi, il colesterolo alimentare potrebbe avere un effetto dannoso, in particolare nelle persone con diabete di tipo 2, anche se le cause di ciò non sono ancora state chiarite [2].

Secondo il Dr. Boris Hansel, Endocrinologo del Bichat Hospital e del Pitié-Salpêtrière Hospital di Parigi, il fatto che il colesterolo alimentare non sia il principale nemico per la salute umana non è affatto una novità e sostiene che la maggior parte dei dibattiti sul colesterolo derivino dalla confusione tra i diversi tipi di questa importante molecola  e soprattutto sul colesterolo intestinale.

La molecola del colesterolo è presente solo nel regno animale. Null’uomo è principalmente di origine endogena, mentre la quota  esogena, proviene esclusivamente dall’assunzione di alimenti grassi di origine animale. Sia la quota di colesterolo esogena che quella prodotta dalle nostre cellule ed escreta nella bile, passa all’interno dell’intestino, dove viene in parte riassorbita e in parte eliminata con le feci. Una volta assorbite, entrambe le frazioni di colesterolo vengono trasportate dalle lipoproteine, comprese quelle a bassa densità (LDL). Diverse evidenze suggeriscono l’importanza del riassorbimento  del colesterolo intestinale al fine di modificare il rischio cardiovascolare. Uno studio genetico  ha trovato che il rischio CV era maggiore in soggetti che assorbivano il colesterolo intestinale particolarmente bene a causa di una forma specifica del trasportatore intestinale di colesterolo. [3] Lo studio IMPROVE-IT ha mostrato, a rinforzo di ciò, che il rischio di eventi cardiovascolari si riduce inibendo l’assorbimento del colesterolo a livello intestinale con ezetimibe (Zetia®). [4] È importante comprendere che questi due studi riguardano principalmente l’assorbimento del colesterolo endogeno. Di conseguenza, non si può trarre alcuna conclusione circa colesterolo alimentare, che rappresenta solo una piccola parte del colesterolo intestinale.

In pratica, queste nuove raccomandazioni sono perfettamente in linea con le attuali conoscenze scientifiche che non mostrano una relazione apprezzabile tra il consumo di colesterolo alimentare e l’aumento del colesterolo sierico, in linea anche con le conclusioni dell’ ultimo report dell’ AHA/ACC sulla riduzione del rischio cardiovascolare [5].

Il consumo di alimenti ricchi in colesterolo viene quindi liberalizzato: dopo anni di “demonizzazione” il colesterolo non sarà più  un nutriente per cui preoccuparsi nella dieta, con una possibile eccezione per i diabetici.

  1. 2015 Dietary Guidelines Advisory Committee. Advisory report to the Secretary of Health and Human Services and Secretary of Agriculture. Published February 2015. http://www.health.gov/dietaryguidelines/2015-scientific-report/PDFs/Scientific-Report-of-the-2015-Dietary-Guidelines-Advisory-Committee.pdf Accessed March 12, 2015.

  2. Shin JY, Xun P, Nakamura Y, He K. Egg consumption in relation to risk of cardiovascular disease and diabetes: a systematic review and meta-analysis. Am J Clin Nutr. 2013;98(1):146-59. PMID: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23676423

  3. Myocardial Infarction Genetics Consortium Investigators, Stitziel NO, Won HH, et al. Inactivating mutations in NPC1L1 and protection from coronary heart disease. N Engl J Med. 2014;371:2072-2082. Abstract

  4. Cannon CP. IMPROVE-IT Trial: A comparison of ezetimibe/simvastatin versus simvastatin monotherapy on cardiovascular outcomes after acute coronary syndromes. Program and abstracts of the American Heart Association 2014 Scientific Sessions; November 15-19, 2014; Chicago, Illinois.http://my.americanheart.org/idc/groups/ahamah-public/@wcm/@sop/@scon/documents/downloadable/ucm_469598.pdf Accessed March 12, 2015.

  5. Eckel RH, Jakicic JM, Ard JD, de Jesus JM, Houston Miller N, Hubbard VS, et al. 2013 AHA/ACC guideline on lifestyle management to reduce cardiovascular risk: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines. Circulation. 2014;129(25Suppl 2):S76-99. PMID: 24222015. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24222015.