Un nuovo programma basato sulla terapia cognitivo comportamentale per il disturbo da alimentazione incontrollata

A cura di Riccardo Dalle Grave

Department of Eating and Weight Disorders, Villa Garda Hospital. Via Montebaldo, 89, 37016 Garda (Vr), Italy, rdalleg@tin.it

Il disturbo da alimentazione incontrollata, o secondo la definizione americana binge eating disorder, è stato descritto per la prima volta nel 1959 dallo psichiatra e ricercatore americano Albert Stunkard per illustrare le caratteristiche di un sottogruppo di pazienti con obesità che riportava episodi ricorrenti di alimentazione eccessiva e incontrollata. La sua esistenza come disturbo dell’alimentazione distinto è stata però ignorata fino alla seconda metà degli anni ottanta, quando alcuni studi sulla prevalenza della bulimia nervosa nella popolazione evidenziarono che un ampio sottogruppo di individui non usava comportamenti di compenso dopo gli episodi bulimici. Nello stesso periodo si osservò che circa un quarto degli individui che richiedeva un trattamento per l’obesità riportava episodi bulimici ricorrenti, ma non soffriva di bulimia nervosa. Studi successivi hanno confermato che il disturbo da alimentazione incontrollata presenta caratteristiche distintive rispetto alla bulimia nervosa e all’obesità, ma solo nel 2013 il disturbo è stato riconosciuto come categoria diagnostica distinta dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5).

Negli ultimi 10 anni sono stati pubblicati più di 1500 articoli sul disturbo da alimentazione incontrollata in riviste scientifiche internazionali e oggi abbiamo un’ampia conoscenza delle sue principali caratteristiche cliniche. Gli studi effettuati anche fatto emergere due problemi che complicano il trattamento.

Il primo problema riguarda l’ampia eterogeneità della  psicopatologia sottostante agli episodi bulimici. In alcuni individui gli episodi bulimici sono scatenati e mantenuti da eventi e cambiamenti emotivi associati e possono avere diverse funzioni come, per esempio, il distrarsi dagli eventi negativi e dai problemi che preoccupano o l’attenuare stati emotivi intensi e intollerabili o il gratificarsi con il cibo.

In altri individui, in cui è spesso presente un’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo, gli episodi bulimici sono scatenati dalla rottura della dieta che viene seguita in modo intermittente per cercare di perdere peso. Questo accade perché l’individuo interpreta le minime trasgressioni alimentari come l’evidenza della sua mancanza di autocontrollo e non del fatto che le regole dietetiche adottate sono troppo rigide ed estreme. Ciò favorisce l’abbandono temporaneo dello sforzo di controllare l’alimentazione e l’episodio bulimico.

In altri casi, infine, l’episodio bulimico può essere l’espressione di un disturbo psichiatrico sottostante come, per esempio, la depressione clinica, il disturbo bipolare, i disturbi d’ansia e i disturbi da uso di sostanze.

Il secondo problema riguarda i limitati effetti dei trattamenti disponibili sulla perdita di peso, quando al disturbo da alimentazione incontrollata è associata una condizione di obesità.

Tra le psicoterapie buoni risultati sulla remissione degli episodi bulimici sono stati ottenuti dalla terapia cognitivo comportamentale, dalla psicoterapia interpersonale e dall’auto-aiuto guidato basato sulla terapia cognitivo comportamentale. Risultati promettenti sono stati riportati anche dalla terapia dialettico comportamentale e dalla terapia focalizzata sulle emozioni, in particolare se associata a consigli dietetici. La maggior parte di questi interventi è però inefficace nel produrre una perdita di peso salutare a breve e a lungo termine negli individui con obesità associata.

Negli individui con disturbo da alimentazione controllata e obesità  sono stati anche testati i programmi di perdita di peso basati sulla modificazione dello stile di vita e la chirurgia bariatrica. I dati disponibili indicano che i trattamenti basati sulla modificazione dello stile di vita non sono efficaci come la terapia cognitivo comportamentale e la psicoterapia interpersonale nel ridurre la frequenza degli episodi bulimici, mentre ottengono una maggiore perdita di peso rispetto a questi due trattamenti a breve termine, ma non a lungo termine. Nei trattamenti di perdita di peso basati sulla chirurgia bariatrica, invece, la presenza di disturbo da alimentazione incontrollata predice una minore  perdita di peso e un maggiore recupero di peso, un dato comunque non osservato in tutti gli studi. È stato proposto che la minore efficacia dell’intervento di chirurgia bariatrica si verifichi in particolare nel sottogruppo di individui in cui ricompare, spesso anche dopo anni dall’intervento, la perdita di controllo nei confronti dell’alimentazione. Questa, in molti casi, non è associata all’assunzione di una grande quantità di cibo, per i limiti imposti dalla restrizione gastrica prodotta dall’intervento chirurgico, ma è ripetuta durante il giorno. È da sottolineare, inoltre, che gli interventi di chirurgia bariatrica, oltre ad essere gravati in alcuni casi da importanti complicazioni fisiche, sono indicati per una minoranza di individui affetti da obesità grave che hanno fallito trattamenti non chirurgici ben condotti.

Infine, nel trattamento del disturbo da alimentazione incontrollata sono stati testati numerosi farmaci tra cui gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (fluoxetina, fluvoxamina, citalopram, sertralina), la sibutramina, il topiramato e il bupropione. In generale, i farmaci, ad eccezione del bupropione, producono riduzioni clinicamente significativi della frequenza degli episodi bulimici rispetto al placebo in studi a breve termine, e la sibutramina, il topiramato e il bupropione, ma non gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, anche una riduzione clinicamente significativa del peso corporeo. Tuttavia , la sibutramina è stata ritirata dal commercio, il topiramato è spesso associato a effetti collaterali importanti (per esempio, deficit di memoria e depressione), un fatto che limita la sua utilità clinica, e il buproprione produce un calo di peso modesto

Il nuovo programma di terapia cognitivo comportamentale descritto nei prossimi paragrafi  è stato ideato per affrontare i due problemi principali che complicano il trattamento del disturbo da alimentazione incontrollata descritti sopra. Per quanto riguarda il primo problema, i meccanismi di mantenimento eterogenei che operano nel mantenere gli episodi bulimici sono affrontati in moduli specifici con procedure derivate dalla moderna terapia cognitivo comportamentale transdiagnostica (nota anche con l’acronimo CBT-E)[1], il trattamento oggi considerato più efficace per la cura della bulimia nervosa. Per quanto riguarda il secondo problema, la perdita di peso, se indicata, è affrontata in un modulo specifico con un moderno programma di modificazione dello stile di vita basato sulla terapia cognitivo comportamentale la cui efficacia è stata testata in un recente studio controllato [2].

Il programma base ha una durata di 20 settimane ed è suddiviso in cinque moduli (Figura 1):

  • Modulo 1. Instaurare l’automonitoraggio.
  • Modulo 2. Mangiare in modo regolare.
  • Modulo 3. Fare il bilancio.
  • Modulo 4. Affrontare gli episodi bulimici residui.
  • Modulo 5. Concludere il programma e prevenire la ricaduta.

Al programma base può essere associato il modulo aggiuntivo “Affrontare l’immagine corporea negativa ” se questa caratteristica clinica è presente e contribuisce a mantenere gli episodi bulimici.

Per gli individui in cui il disturbo dell’alimentazione è coesistente con l’obesità o con il sovrappeso associato a uno o più indicatori di aumentato rischio cardiovascolare, può essere aggiunto al programma base al il modulo aggiuntivo “Affrontare la gestione del peso in eccesso”. Il modulo non è indicato se è presente una storia pregressa di anoressia nervosa e di bulimia nervosa o un’associazione tra restrizione dietetica e aumento del numero degli episodi bulimici.

Il nuovo trattamento cognitivo comportamentale, descritto in dettaglio in un manuale [3], è in corso di valutazione in uno studio pilota aperto su 50 pazienti affetti da disturbo da alimentazione incontrollata e obesità.

Bibliografia

  1. Fairburn CG (2008) Cognitive behavior therapy and eating disorders. Guilford Press, New York
  2. Dalle Grave R, Calugi S, Gavasso I, El Ghoch M, Marchesini G (2013) A randomized trial of energy-restricted high-protein versus high-carbohydrate, low-fat diet in morbid obesity. Obesity 21 (9):1774-1781. doi:10.1002/oby.20320
  3. Dalle Grave  R (2014) Disturbo da alimentazione incontrollata. Che cos’è e come affrontarlo. Positive Press, Verona
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