Terapia cognitvo comportamentale focalizzata vs. allargata per bulimia nervosa con disturbo borderline di personalità: uno studio controllato e randomizzato

 

Int J Eat Disord

A cura di Simona Calugi

Fonte: Thompson-Brenner H, Shingleton RM, Thompson DR, Satir DA, Richards LK, Pratt EM, Barlow DH. Focused vs. Broad enhanced cognitive behavioral therapy for bulimia nervosa with comorbid borderline personality: A randomized controlled trial. Int J Eat Disord. 2015 Dec 9. doi: 10.1002/eat.22468. [Epub ahead of print]

La prima versione della terapia cognitivo comportamentale (CBT) per la bulimia nervosa è inclusa come intervento d’eccellenza nelle linee guide inglesi (NICE). In anni più recenti è stata proposta una forma “migliorata” di questa terapia, la CBT-E, per far fronte ad un tasso di remissione non ancora soddisfacente. La CBT-E, oltre a migliorare la comprensione della psicopatologia specifica del disturbo dell’alimentazione e implementare nuove procedure per il trattamento, ha incluso 4 moduli (perfezionismo clinico, bassa autostima nucleare, difficoltà interpersonali e intolleranza alle emozioni) con l’obiettivo di affrontare alcune problematiche esterne alla psicopatologia specifica ma che potevano interferire con quest’ultima e ridurre l’efficacia complessiva del trattamento. Questa forma di CBT-E è chiamata “allargata” (CBT-Ea) per distinguerla dalla forma “focalizzata” (CBT-Ef) che invece affronta solo i meccanismi di mantenimento specifici. Gli autori del presente articolo, rifacendosi ad un trial clinico pubblicato nel 2009, hanno voluto testare l’efficacia delle due forme di terapia in pazienti con bulimia nervosa e con associati sintomi della personalità borderline (DBP) (soglia e sottosoglia), tra cui disturbi affettivi (ansia e depressione) e problemi interpersonali.

Cinquanta pazienti sono stati randomizzati ai due bracci del trattamento e le misurazioni sono state effettuate in basale, alla fine del trattamento e a 6 mesi di follow-up. Il disegno dello studio è molto accurato e molta attenzione è stata posta per rispettare i criteri di validità del trial (alta competenza dei terapeuti nel trattamento CBT-E, supervisione costante, valutazioni in cieco).

I risultati indicano che i livelli di remissione (assenza di episodi bulimici e di comportamenti di compenso negli ultimi 28 giorni) erano non significativamente diversi nei due trattamenti, sia a fine terapia che al follow-up, e simili ai risultati dei precedenti studi. Però, a differenza dell’unico altro studio che ha valutato le due forme di terapia, i dati indicano che la forma focalizzata della terapia ha più efficacia nel ridurre la psicopatologia specifica del disturbo dell’alimentazione. Infine, l’analisi dei moderatori di trattamento riporta che i pazienti con più altri livelli di disturbi affettivi e problemi interpersonali rispondono meglio alla forma allargata della terapia.

Gli autori concludono sottolineando l’importanza di utilizzare la forma allargata del trattamento, con parsimonia e nei casi in cui effettivamente sono presenti gravi problemi aggiuntivi al disturbo dell’alimentazione.

Questo studio, pur con alcune limitazioni, tra cui la più evidente è la bassa numerosità campionaria che impedisce la generalizzabilità i risultati, è molto utile perché affronta un importante tema della ricerca clinica: lo studio dei moderatori di trattamento e quindi la possibilità di selezionare trattamenti specifici sulla base delle problematiche che il paziente presenta in fase di assessment.

La CBT-E ha alle spalle un modello teorico solido che ha favorito negli ultimi anni la ricerca clinica, ma, mentre la forma focalizzata ha mostrato grande efficacia, anche quando confrontata con altre forme di trattamento, la ricerca sulla forma allargata della CBT-E è ad oggi scarsa e ancora troppo poco si sa sull’efficacia e l’opportunità di introdurre un modulo esterno alla forma focalizzata della terapia. Il futuro della ricerca nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione potrebbe essere questo.