Lo stato attuale della terapia cognitiva comportamentale per i disturbi dell’alimentazione

A cura di Riccardo Dalle Grave

Fonte: Weissman, R.S., Frank, G.K.W., Klump, K.L., Thomas, J.J., Wade, T., Waller, G. (2017) The current status of cognitive behavioral therapy for eating disorders: Marking the 51st Annual Convention of the Association of Behavioral and Cognitive Therapies. International Journal of Eating Disorders, 50, 1444-1446. doi:10.1002/eat.22809

Introduzione

Un recente editoriale di un numero virtuale dell’International Journal of Eating Disorders (IJED) pubblicato in occasione della 51a convention annuale dell’Association for Behavioral and Cognitive Therapies (ABCT) ha raccolto e reso disponibili ai lettori alcuni articoli recenti per fare il punto sullo stato attuale della terapia cognitivo comportamentale per i disturbi dell’alimentazione (CBT-ED). Qui di seguito riportiamo una sintesi dei principali punti affrontati da questo importante editoriale per farli conoscere ai clinici e ai lettori italiani.

Perché è il momento giusto per considerare l’evidenza della CBT-ED

Nel 2017 il National Institute for Health and Care Excellence (NICE) del Regno Unito ha pubblicato le nuove linee guida per i disturbi dell’alimentazione, in sostituzione delle precedenti indicazioni del 2004. Le NICE, che riflettono le nuove evidenze sostanziali emerse nel decennio precedente, si sono concentrate sui risultati di studi clinici controllati, ma hanno anche considerato l’esperienza degli utenti, dei familiari, dei ricercatori e dei medici.

Secondo gli editorialisti dell’IJED dalle linee guida NICE emergono due risultati fondamentali. Il primo è l’uso del nuovo termine “CBT-ED” che comprende le diverse forme di CBT basate sull’evidenza per i disturbi dell’alimentazione. Questo termine è stato usato per includere tutte le forme di CBT basate sull’evidenza (ma non tutte le forme di CBT), perché non vi c’è alcuna chiara evidenza che “brand” specifici della CBT basata sull’evidenza siano migliori di altri.

Il secondo risultato rilevante è che la CBT-ED è stata indicata dalle NICE come l’unico approccio raccomandato per la maggior parte dei casi adulti (cioè il gruppo non sottopeso), oltre ad aver dimostrato di essere un’opzione praticabile per il trattamento degli adulti sottopeso. Inoltre, la versione della CBT-ED per gli adolescenti, sviluppata dal gruppo di Villa Garda (Dalle Grave & Cooper, 2016), è stata raccomandata come alternativa al trattamento basato sulla famiglia. Gli editorialisti dell’IJED concludono che la CBT-E è passata davanti a molte altre terapie ed è diventata un chiaro trattamento di scelta. Ora, affermano gli editorialisti, è il momento di implementare questa conoscenza.

Il contenuto del numero virtuale dell’Int J Eat Disord

La CBT-ED funziona?

Partendo dall’evidenza che la CBT sia un trattamento efficace, la revisione sistematica di Hay (2013) fornisce una base chiara per concludere che la CBT-ED è un approccio efficace per trattare i disturbi dell’alimentazione in età adulta, come è stato concluso dalle NICE in modo ancora più fermo. Tuttavia, la revisione indica anche le direzioni che la ricerca futura dovrà affrontare e la necessità di migliore la nostra comprensione su come affrontare la gestione del peso nei pazienti che hanno l’obesità in comorbilità con il disturbo dell’alimentazione.

Possiamo permetterci la CBT-ED?

Un aspetto che le NICE tengono in grande considerazione è il rapporto costo-efficacia, perché la terapia perfetta non è di grande aiuto se ha un costo che non può essere accessibile ai pazienti. Fortunatamente, il recente lavoro di Le, Hay, Wade, Touyz e Mihalopoulos (in press) affronta proprio questo punto, dimostrando che la CBT-ED è un trattamento economico per molti dei nostri pazienti. Sembra anche anche possibile ottenere buoni risultati con la CBT-ED somministrata in gruppo (Jones & Clausen, 2013; Wade, Byrne, & Allen, 2017). Infine, sempre con gli interventi a basso costo in mente, Chithambo e Huey (2017) hanno dimostrato la potenzialità della CBT-ED come strumento di prevenzione, fornendo risultati confrontabili con quelli degli interventi basati sulla dissonanza cognitiva.

Efficacia del mondo reale

Naturalmente, una domanda cruciale è: “Ma funziona nel mondo reale?” La revisione sistematica di Hay (2013) ha infatti considerato le prove basate su una serie di studi randomizzati controllati (RCT) eseguiti in setting di ricerca. Fortunatamente esistono prove che si possa utilizzare la CBT-ED nella nostra pratica clinica quotidiana ottenendo risultati molto simili a quelli degli RCT. Ciò è stato dimostrato da due lavori selezionati dal numero virtuale dell’IJED che hanno valutato la CBT-ED applicata nei servizi specialistico dei disturbi dell’alimentazione di Villa Garda (Calugi et al., 2016) e di un centro inglese (Waller et al., 2014).

Un’altra domanda da affrontare è: “La CBT-ED è troppo ristretta nel suo focus perché non affronta la gamma più ampia di problemi psicologici che i nostri pazienti sperimentano?”. Anche in questo caso alcuni lavori citati nel numero virtuale mostrano che la CBT-ED ha effetti molto ampi perché, oltre a migliorare la psicopatologia disturbo dell’alimentazione, riduce l’ansia, la depressione e altre problematiche psicologiche. Inoltre la CBT-ED sembra avere un impatto positivo sulla qualità della vita maggiore di molte altre terapie (Linardon e Brennan, 2017).

Come funziona la CBT-ED?

Quando si implementa una terapia per i disturbi dell’alimentazione è importante essere consapevoli del suo meccanismo d’azione e di cosa funziona. Diversi lavori nel numero virtuale dell’IJED hanno affrontano questo punto fondamentale. Ad esempio, è accertato che l’esposizione più prevenzione della risposta è uno strumento chiave quando si tratta l’anoressia nervosa e l’immagine corporea negativa, come riportato da Steinglass et al. (2014) e da Trottier, Carter, MacDonald, McFarlane e Olmsted (2015), rispettivamente. Questa, inoltre, sembra poter essere applicata in modo più ampio ed efficace se si utilizzano le sue forme più contemporanee della tecnica terapeutica, come riportato dall’articolo di Reilly, Anderson, Gorrell, Schaumberg e Anderson (2017).

Un altro aspetto da tenere in considerazione sono i tempi del cambiamento. Molti terapeuti tendono a prendersela comoda all’inizio, cercando di educare il paziente sul suo disturbo e sul trattamento. Il lavoro di Raykos, Watson, Fursland, Byrne e Nathan (2013) dimostra però che il cambiamento precoce nella CBT-ED ha un impatto clinico sostanziale, una scoperta che è stata ampiamente replicata in altri centri e con altre terapie (Linardon, Brennan e de la Piedad Garcia, 2016; Vall & Wade, 2015). Questi dati indicano che la CBT-ED dovrebbe essere applicata in modo intensivo sin dall’inizio, poiché il cambiamento dopo 4-5 settimane di terapia è un fattore predittivo di esito.

Il cambiamento precoce dei sintomi ha un altro impatto, ma diverso nella CBT-ED rispetto ad altre terapie. Graves et al. (2017) hanno dimostrato, per esempio, che l’assunzione molto in voga tra i clinici secondo cui l’alleanza terapeutica precoce guidi il cambiamento terapeutico nei disturbi dell’alimentazione potrebbe essere vera per altre terapie, ma non lo è per la CBT-ED. In quest’ultima terapia, infatti, l’elemento precoce più efficace sembra essere il cambiamento precoce dei sintomi, che a sua volta si traduce nello sviluppo di una migliore alleanza terapeutica.

Conclusioni

Gli editorialisti concludono focalizzando l’attenzione dei lettori sull’origine internazionali degli articoli inclusi nel numero virtuale dell’IJED che riflettono lo stato della nostra scienza clinica sullo stato della CBT-ED. Gli articoli infatti sono il frutto del lavoro di equipe di ricerca che provengono dall’Australia, dal Canada, dalla Danimarca, dall’Italia, dal Regno Unito e dagli Stati Uniti d’America. Anche se questa non è stata una scelta strategica, gli editorialisti si augurano che i lettori condividano la loro opinione che questo numero virtuale dell’IJED rifletta la vera natura internazionale del giornale.

Gli articoli del numero virtuale dell’IJED si possono scaricare al seguente indirizzo web

http://onlinelibrary.wiley.com/journal/10.1002/(ISSN)1098-108X/homepage/2017_abct_virtual_issue.htm

Referenze

Calugi, S., Ruocco, A., El Ghoch, M., Andrea, C., Geccherle, E., Sartori, F., & Dalle Grave, R. (2016). Residential cognitive-behavioral weight-loss intervention for obesity with and without binge-eating disorder: A prospective case–control study with five-year follow-up. International Journal of Eating Disorders, 49, 723–730. https://doi.org/10.1002/eat. 22549

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Dalle Grave, R., Cooper, Z. (2016) Enhanced Cognitive Behavior Treatment Adapted for Younger Patients. In: Wade T (ed) Encyclopedia of Feeding and Eating Disorders. Springer Singapore, Singapore, pp 1-8. doi:10.1007/978-981-287-087-2_176-1

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Reilly, E. E., Anderson, L. M., Gorrell, S., Schaumberg, J., & Anderson, D. A. (2017). Expanding exposure-based interventions for eating disorders. International Journal of Eating Disorders, 50, 1137–1141. https://doi.org/10.1002/eat.22761

Steinglass, J. E., Albano, A. M., Simpson, H. B., Wang, Y., Zou, J., Attia, E., & Walsh, B. T. (2014). Confronting fear using exposure and response prevention for anorexia nervosa: A randomized controlled pilot study. International Journal of Eating Disorders, 47, 174–180. https://doi.org/10.1002/eat.22214.

Trottier, K., Carter, J. C., MacDonald, D. E., McFarlane, T., & Olmsted, M. P. (2015). Adjunctive graded body image exposure for eating disor- ders: A randomized controlled initial trial in clinical practice. Interna- tional Journal of Eating Disorders, 48, 494–504. https://doi.org/10. 1002/eat.22341.

Vall, E., & Wade, T. D. (2015). Predictors of treatment outcome in indi- viduals with eating disorders: A systematic review and meta-analysis. International Journal of Eating Disorders, 48, 946–971. https://doi.org/ 10.1002/eat.2241.

Waller, G., Gray, E., Hinrichsen, H., Mountford, V., Lawson, R., & Patient, E. (2014). Individualized cognitive behavioural therapy for bulimia nervosa and atypical bulimic cases: Generalisability of effectiveness to clinical settings. International Journal of Eating Disorders, 47, 13–17.