I motivi per cui la terapia cognitivo comportamentale è l’attuale gold standard della psicoterapia

A cura di Riccardo Dalle Grave

Fonte: David, D., Cristea, I., & Hofmann, S. G. (2018). Why Cognitive Behavioral Therapy Is the Current Gold Standard of Psychotherapy. Frontiers in Psychiatry, 9.

Un recente articolo pubblicato su JAMA da Leichsenring e Steinert (2017) ha messo in dubbio che la terapia cognitivo comportamentale (CBT) sia il gold standard della psicoterapia e ha raccomandato la necessità di usare una pluralità di approcci sia nel trattamento sia nella ricerca. Gli autori hanno supportato le loro raccomandazioni affermando che molti studi eseguiti sono di bassa qualità e/o le condizioni di confronto sono deboli (cioè, lista di attesa piuttosto che trattamenti di confronto attivi), mettendo così in discussione lo status preminente che la CBT attualmente ha nel numero di pubblicazioni, nei programmi accademici e nella pratica clinica dei professionisti.

David , Cristea e Hofmann (2018) hanno risposto alle conclusioni di Leichsenring e Steinert in un recente articolo pubblicato su Frontiers in Psychiatry. Gli autori sostengono che la CBT è il trattamento gold standard che attualmente abbiamo a disposizione nel campo della psicoterapia per i seguenti motivi principali:

  1. La CBT è la forma di psicoterapia che ha il maggior numero di studi che ne hanno valutato l’efficacia.
  2. Nessuna altra forma di psicoterapia ha dimostrato di essere sistematicamente superiore alla CBT; se ci sono differenze sistematiche tra le psicoterapie, in genere favoriscono la CBT – si vedano per esempio i trial sulla bulimia nervosa, dove la CBT è risultata significativamente più efficace della psicoterapia psicoanalitica (Poulsen, et al., 2014) e della psicoterapia interpersonale (Fairburn, et al., 2015).
  3. I modelli teorici e i meccanismi di cambiamento delle CBT sono stati i più studiati e sono in linea con gli attuali paradigmi tradizionali della mente e del comportamento umano (per es. il processamento delle informazioni).

Gli autori, comunque, affermano che nel campo della CBT c’è chiaramente spazio per ulteriori miglioramenti, sia in termini di efficacia/effectiveness sia delle teorie e dei meccanismi di cambiamento sottostanti. Inoltre, sostengono la necessità di sviluppare una psicoterapia scientifica integrata, che includa la CBT come piattaforma di base per l’integrazione.

La CBT moderna è un termine generico che include trattamenti empiricamente supportati per psicopatologie definite che sono affrontate con strategie di trattamento specifiche. Inoltre negli ultimi anni si sono sviluppate teorie e trattamenti transdiagnostici/basati sui processi di mantenimento che utilizzano approcci flessibili e personalizzati (Fairburn, Cooper, & Shafran, 2003), con l’obiettivo finale di collegare la tecnica terapeutica ai processi di mantenimento che operano nel singolo paziente (Hayes & Hofmann, 2017).

Sebbene alcuni studi sulla CBT abbiano usato confronti deboli, come la lista d’attesa, molti trial hanno incluso confronti forti, come il placebo, il trattamento as usual (TAU), le altre forme di psicoterapia e il trattamento farmacologico, soddisfacendo in tal modo i rigorosi criteri di un trattamento empiricamente supportato  (Chambless & Hollon, 1998). È stato calcolato che circa il 54% dei trial per la depressione (circa 34 studi) e circa il 20% di quelli per l’ansia (circa 25) hanno usato un confronto forte (placebo o TAU) (Cuijpers, Cristea, Karyotaki, Reijnders, & Huibers, 2016). È stato inoltre calcolato che il 17% dei trial per la depressione e l’ansia sono stati di alta qualità e che la relazione tra la qualità degli studi sulla CBT e l’effect size non è forte (Cuijpers, et al., 2016). Al contrario, la maggior parte delle psicoterapie (tranne la sola terapia psicoterapia interpersonale per la depressione) non si avvicinano a questi numeri sia in termini forza del confronto sia qualità dello studio (per es. le psicoterapie psicodinamiche per la depressione e l’ansia). Se confrontato con il TAU o le varie condizioni attive, la CBT ha spesso un effetto piccolo/moderato (per il TAU) o piccolo/ nessun (per le condizioni attive). Tuttavia, come sottolineato dagli autori dell’articolo, in queste condizioni anche una piccola dimensione dell’effect size è importante dal punto di vista clinico e del rapporto costo/efficacia (David, et al., 2018).

Poiché la CBT è stata la prima forma di psicoterapia valutata con criteri rigorosi (per es. studi randomizzati con confronti attivi) simili a quelli usati per testare l’efficacia di un farmaco, essa è stata anche la prima psicoterapia identificata come evidence-based dalla maggior parte delle linee guida cliniche. Di conseguenza, molte delle psicoterapie più recenti, hanno iniziato a usare la CBT come trattamento di riferimento, spesso argomentando per la loro efficacia/effectiveness quando non trovavano differenze rispetto alla CBT. Tuttavia, David, Cristea e Hofmann (2018) sottolineano che il non trovare differenze rispetto alla CBT può fornire supporto alla somiglianza clinica solo negli studi che hanno un disegno di equivalenza o di non inferiorità, non in quelli di superiorità (e molti di questi confronti non sono stati concepiti come disegni di equivalenza/non inferiorità). Inoltre, statisticamente parlando, se B è equivalente ad A e C è equivalente a B, non è garantito che C sia anche equivalente ad A. Quindi, non è corretto usare come gold standard per il test di un nuovo trattamento una psicoterapia che ha dimostrato di essere equivalente alla CBT in un singolo trial. Per raggiungere lo status di gold standard, infatti, una psicoterapia dovrebbe superare in modo indipendente gli stessi test della CBT (per es. numerosi studi clinici indipendenti di alta qualità che utilizzano placebo o altri comparatori attivi).

Per quanto riguarda la teoria e i meccanismi del cambiamento, David, Cristea e Hofmann (2018) enfatizzano i seguenti punti:

  1. La CBT è integrata nell’ampio paradigma del processamento delle informazioni, dove il ruolo causale delle cognizioni esplicite o implicite nel generare emozioni e comportamenti è già stato stabilito.
  2. La CBT è in continua evoluzione in base alla ricerca cumulativa e critica.
  3. La CBT è integrata in un quadro più ampio della scienza (per es. la neurogenetica cognitiva).

Attualmente, non ci sono altri trattamenti psicologici che abbiano un simile supporto empirico per convalidare i loro costrutti sottostanti. Al contrario, alcuni trattamenti psicologici – specialmente quelli derivati dalla psicoanalisi classica – non sono supportati o oppure sono controversi rispetto ai costrutti sottostanti, mentre altri (per es. la psicoterapia interpersonale) sono in una fase iniziale della ricerca.

Gli autori concludono affermando che, grazie al suo chiaro supporto derivato dalla ricerca, la CBT domina le linee guida internazionali per i trattamenti psicosociali, ed è il trattamento di prima linea per molti disturbi, come raccomandato dalle linee guida del National Institute for Health and Care Excellence e dell’American Psychological Association. La CBT è, infatti, il gold standard nel campo della psicoterapia, ed è inclusa nelle principali linee guida cliniche per la sua rigorosa base empirica, non per vari motivi politici, come alcuni sembrano suggerire (Leichsenring & Steinert, 2017). Detto questo, gli autori sottolineano che, sebbene la CBT sia efficace, c’è ancora spazio per migliorarla, perché alcuni pazienti non rispondono oppure ricadono dopo un periodo di remissione.  Mentre, però, molte psicoterapie non-CBT sono cambiate poco dalla loro creazione, la CBT è una psicoterapia in continua evoluzione perché si basa sulla ricerca. Per tale motivo David, Cristea e Hofmann (2018) prevedono che i continui miglioramenti nella psicoterapia deriveranno soprattutto dalla CBT, e che questo muoverà gradualmente il campo verso una psicoterapia scientifica integrativa.

 

Bibliografia

Chambless, D. L., & Hollon, S. D. (1998). Defining empirically supported therapies. J Consult Clin Psychol, 66, 7-18.

Cuijpers, P., Cristea, I. A., Karyotaki, E., Reijnders, M., & Huibers, M. J. (2016). How effective are cognitive behavior therapies for major depression and anxiety disorders? A meta-analytic update of the evidence. World Psychiatry, 15, 245-258.

David, D., Cristea, I., & Hofmann, S. G. (2018). Why Cognitive Behavioral Therapy Is the Current Gold Standard of Psychotherapy. Frontiers in Psychiatry, 9.

Fairburn, C. G., Bailey-Straebler, S., Basden, S., Doll, H. A., Jones, R., Murphy, R., O’Connor, M. E., & Cooper, Z. (2015). A transdiagnostic comparison of enhanced cognitive behaviour therapy (CBT-E) and interpersonal psychotherapy in the treatment of eating disorders. Behav Res Ther, 70, 64-71.

Fairburn, C. G., Cooper, Z., & Shafran, R. (2003). Cognitive behaviour therapy for eating disorders: a “transdiagnostic” theory and treatment. Behav Res Ther, 41, 509-528.

Hayes, S. C., & Hofmann, S. G. (2017). The third wave of cognitive behavioral therapy and the rise of process-based care. World Psychiatry, 16, 245-246.

Leichsenring, F., & Steinert, C. (2017). Is Cognitive Behavioral Therapy the Gold Standard for Psychotherapy?: The Need for Plurality in Treatment and Research. Jama, 318, 1323-1324.

Poulsen, S., Lunn, S., Daniel, S. I., Folke, S., Mathiesen, B. B., Katznelson, H., & Fairburn, C. G. (2014). A randomized controlled trial of psychoanalytic psychotherapy or cognitive-behavioral therapy for bulimia nervosa. Am J Psychiatry, 171, 109-116.