Funzionamento familiare e sociale nei disturbi dell’alimentazione

A cura di: Riccardo Dalle Grave, Segretario Scientifico AIDAP

È noto che l’eziologia dei disturbi dell’alimentazione è complessa, ma certe teorie che enfatizzano il ruolo primario delle interazioni familiari nel causare l’anoressia nervosa, sebbene siano ormai riconosciute come eccessivamente semplicisti- che ed erronee, sono ancora in circolazione. Queste teorie sostenevano, ad esempio, che particolari stili di interazione tra i membri della famiglia giocassero un ruolo centrale nel causare non solo l’anoressia nervosa, ma anche altri gravi disturbi psichiatrici, come la schizofrenia e l’autismo. I modelli teorici causali familiari hanno portato a coniare termini dispregiativi come, ad esempio, la madre “schizofrenogena” o “anoressogena”. Purtroppo, l’opinione che certe attitudini dei genitori o pattern familiari siano anoressogeni persiste anche oggi, sebbene il supporto empirico a questa ipotesi sia molto debole nella migliore delle ipotesi. Gli stereotipi sulle cause familiari dei disturbi dell’alimentazione sono particolarmente frequenti nei media e questa fonte di disinformazione può portare le persone affette da disturbi dell’alimentazione ad avere idee sbagliate sulle cause del loro problema, a intraprendere trattamenti non adeguati e, in alcuni casi, a peggiorare le loro relazioni familiari.

Mentre le ricerche trasversali e longitudinali sul possibile ruolo causale delle interazioni tra i membri della famiglia hanno prodotto risultati inconsistenti, alcuni studi hanno evidenziato che l’emotività espressa dei genitori può avere un ruolo nel mantenere o aggravare il disturbo dell’alimentazione o al contrario favorirne il miglioramento. L’emotività espressa è una misura delle attitudini e dei comportamenti verso un membro della famiglia ammalato che include cinque dimensioni: commenti critici, ostilità, eccessivo coinvolgimento emotivo, commenti positivi e calore. Famiglie con elevata emotività espressa sono più critiche, ostili e eccessivamente coinvolte emotivamente rispetto a quelle con bassa emotività espressa.

In generale, le ricerche più recenti eseguite nell’anoressia nervosa hanno evidenziato nella maggioranza delle famiglie la presenza di bassi livelli di emotività espressa, in particolare per i sentimenti negativi (commenti negativi, ostilità ed eccessivo coinvolgimento emotivo), mentre sono spesso più in evidenza i sentimenti positivi (calore e commenti positivi) sebbene a bassi livelli. Comunque, circa un terzo delle famiglie mostra elevati livelli di emotività espressa. In questi casi è opportuno aiutare i genitori a migliorare le loro attitudini e comportamenti nei confronti del membro della famiglia ammalato perché alcuni studi nell’anoressia nervosa hanno dimostrato che un’emotività espressa elevata sembra essere associata a un maggiore tasso di drop-out e a un esito di trattamento più scadente.

In particolare, i commenti critici sembrano avere un impatto negativo sull’esito del trattamento. A questo proposito, alcuni studi hanno evidenziato che le persone con anoressia nervosa sembrano essere più sensibili agli stimoli negativi di altre e che questo possa essere dovuto a una peculiare vulnerabilità neurobiologica. È stato ipotizzato che la presenza di un temperamento ansioso e la tendenza a essere eccessiva- mente sensibili alle ricompense, può rendere i pazienti con anoressia nervosa particolarmente vulnerabili ai commenti critici. Al contrario, come è stato suggerito per i pazienti con schizofrenia, è possibile che il calore genitoriale giochi un ruolo più importante nell’esito del trattamento rispetto ai commenti critici e all’ostilità. Per tale motivo, se i livelli di criticismo sono bassi all’inizio del trattamento, la terapia potrebbe essere finalizzata a supportare i genitori a mostrare più calore e a fare più commenti positivi nei confronti dell’adolescente affetto da anoressia nervosa. Dati consistenti recenti hanno osservato che il coinvolgimento dei genitori nel trattamento favorisce la riduzione della morbilità psicologica e medica, specialmente nei pazienti con una breve durata del disturbo dell’alimentazione.
Quando il disturbo è di lunga durata e si mantiene nell’età adulta, è quasi inevitabile che diventino più frequenti e accentuate le dispute e le difficoltà relazionali con i genitori e/o il partner sia in conseguenza delle liti riguardanti l’alimentazione e gli altri comportamenti legati al disturbo dell’alimentazione sia per i frequenti sbalzi del tono dell’umore associati al disturbo dell’alimentazione.

Per quanto riguarda, le relazioni interpersonali al di fuori della famiglia, le persone affette da disturbi dell’alimentazione tendono spesso a trascurare le amicizie per perseguire il controllo del peso e della forma del corpo e a praticare attività fisiche solitarie prolungate, finalizzate a consumare energia. Spesso evitano gli inviti a pranzo o a cena di parenti e amici per la paura di perdere il controllo e mangiare in eccesso. Quando è presente una severa perdita di peso corporeo, di solito avviene un completo isolamento sociale per la perdita di interesse, compreso quello sessuale, nel frequentare gli altri.
Infine, per quanto riguarda la carriera scolastica e lavorativa, nelle fasi iniziali del disturbo dell’alimentazione è frequente osservare nelle pazienti con disturbi dell’alimentazione un eccessivo impegno scolastico e lavorativo che non lascia tempo ad altre attività di natura interpersonale e ludica. In questa fase, le persone con disturbi dell’alimentazione pos- sono avere un ottimo profitto scolastico e lavorativo ma, pur ricevendo le lodi dagli insegnanti e dai datori di lavoro, raramente sono soddisfatte delle loro prestazioni. Con il progredire del disturbo dell’alimentazione, soprattutto se avviene una marcata perdita di peso, è comune la comparsa di difficoltà di concentrazione, di attenzione e comprensione. A volte, l’elevata frequenza di abbuffate e vomito o l’eccessivo tempo dedicato all’esercizio fisico impediscono lo svolgimento di qualsiasi altra attività. La conseguenza è che nei disturbi gravi e di lunga durata è comune l’interruzione dell’attività scolastica e lavorativa.