La teoria transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione, formulata da Fairburn, Cooper e Shafran, postula che le principali forme di disturbo alimentare (anoressia nervosa, bulimia nervosa, binge-eating disorder e forme atipiche) condividano un nucleo psicopatologico comune, centrato sull’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo alimentare. Questi elementi generano e mantengono i comportamenti disfunzionali tipici, come la restrizione dietetica, le abbuffate e le condotte compensatorie. Fattori di mantenimento “esterni” come il perfezionismo clinico, la bassa autostima, le difficoltà interpersonali e l’intolleranza emotiva possono intensificare e cronicizzare il disturbo.
A partire da questa teoria è stata sviluppata la CBT-E (Cognitive Behavioural Therapy – Enhanced), un trattamento psicoterapeutico transdiagnostico e modulare. Essa è progettata per essere personalizzata in base alle caratteristiche del paziente e può essere utilizzata sia in versione focalizzata che allargata, a seconda della presenza di fattori di mantenimento aggiuntivi. La CBT-E si articola in quattro fasi progressive: motivazione al cambiamento, interventi sul comportamento alimentare e sugli schemi disfunzionali, lavoro sui fattori di mantenimento e prevenzione delle ricadute.
Un ruolo cruciale nella validazione e diffusione della CBT-E è stato svolto da Riccardo Dalle Grave, che ha contribuito a:
- adattare e manualizzare la CBT-E per adolescenti e per contesti di ricovero intensivo;
- condurre studi clinici controllati che ne hanno dimostrato l’efficacia sia nel trattamento di adulti che di adolescenti con anoressia, bulimia e disturbi da alimentazione incontrollata;
- sviluppare un modello intensivo multidisciplinare basato sulla CBT-E, utilizzato con successo in diversi centri italiani e internazionali.
Gli studi condotti da Dalle Grave e collaboratori confermano che la CBT-E, applicata in setting sia ambulatoriali che residenziali, porta a miglioramenti clinicamente significativi in termini di riduzione dei sintomi alimentari, miglioramento del funzionamento psicosociale e mantenimento dei risultati a lungo termine. Le sue ricerche rappresentano una delle validazioni empiriche più robuste del modello CBT-E, specialmente per pazienti con disturbi gravi e resistenti al trattamento.
Conclusione: La CBT-E, sostenuta da una solida teoria transdiagnostica e da un crescente corpo di evidenze empiriche — incluse quelle derivate dagli studi di Dalle Grave — costituisce uno degli interventi di prima scelta nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione, adattabile a età diverse, gradi di gravità e contesti terapeutici differenti.
Teoria transdiagnostica e CBT-E dei disturbi dell’alimentazione: video dr. Riccardo Dalle Grave
Dr. Riccardo Dalle Grave
La teoria transdiagnostica dei disturbi dell’alimentazione, formulata da Fairburn, Cooper e Shafran, postula che le principali forme di disturbo alimentare (anoressia nervosa, bulimia nervosa, binge-eating disorder e forme atipiche) condividano un nucleo psicopatologico comune, centrato sull’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo alimentare. Questi elementi generano e mantengono i comportamenti disfunzionali tipici, come la restrizione dietetica, le abbuffate e le condotte compensatorie. Fattori di mantenimento “esterni” come il perfezionismo clinico, la bassa autostima, le difficoltà interpersonali e l’intolleranza emotiva possono intensificare e cronicizzare il disturbo.
A partire da questa teoria è stata sviluppata la CBT-E (Cognitive Behavioural Therapy – Enhanced), un trattamento psicoterapeutico transdiagnostico e modulare. Essa è progettata per essere personalizzata in base alle caratteristiche del paziente e può essere utilizzata sia in versione focalizzata che allargata, a seconda della presenza di fattori di mantenimento aggiuntivi. La CBT-E si articola in quattro fasi progressive: motivazione al cambiamento, interventi sul comportamento alimentare e sugli schemi disfunzionali, lavoro sui fattori di mantenimento e prevenzione delle ricadute.
Un ruolo cruciale nella validazione e diffusione della CBT-E è stato svolto da Riccardo Dalle Grave, che ha contribuito a:
Gli studi condotti da Dalle Grave e collaboratori confermano che la CBT-E, applicata in setting sia ambulatoriali che residenziali, porta a miglioramenti clinicamente significativi in termini di riduzione dei sintomi alimentari, miglioramento del funzionamento psicosociale e mantenimento dei risultati a lungo termine. Le sue ricerche rappresentano una delle validazioni empiriche più robuste del modello CBT-E, specialmente per pazienti con disturbi gravi e resistenti al trattamento.
Conclusione: La CBT-E, sostenuta da una solida teoria transdiagnostica e da un crescente corpo di evidenze empiriche — incluse quelle derivate dagli studi di Dalle Grave — costituisce uno degli interventi di prima scelta nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione, adattabile a età diverse, gradi di gravità e contesti terapeutici differenti.
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