Teoria e terapia cognitivo comportamentale della bulimia nervosa: una valutazione dei meccanismi di trattamento e direzioni future

A cura di: Riccardo Dalle Grave

Unità di Riabilitazione Nutrizionale Casa di Cura Villa Garda. Riccardo Dalle Grave

Fonte: Lampard AM, Jason M Sharbanee JM. The Cognitive-Behavioural theory and treatment of bulimia nervosa: An examination of treatment mechanisms and future directions. Australian Psychologist 2015; 50, 6–13

Introduzione

La terapia cognitivo comportamentale migliorata, nota come CBT-E, è considerata il trattamento più efficace disponibile per la cura della bulimia nervosa, ma non è una panacea perchè determina una remissione duratura degli episodi bulimici e purgativi in circa il 50% dei casi (Fairburn et al., 2009; Poulsen et al., 2014). Questo dato indica la necessità di effettuare delle ricerche per migliorare l’efficacia del trattamento.

Lampard e Jason Sharbanee  (2015) hanno recentemente pubblicato un articolo in cui suggeriscono alcune strategie potenziali  per migliorare la traduzione della teoria cognitivo comportamentale di mantenimento della bulimia nervosa in un trattamento che produca esiti migliori rispetto a quelli attualmente ottenuti dalla CBT-E.

Comprendere i processi di cambiamento della CBT-E

Alcuni teorici hanno sostenuto che per ottimizzare l’efficacia dei trattamenti psicologici sia necessario esaminare i meccanismi di cambiamento e identificare gli “ingredienti attivi” della cura (Kazdin, 2007; Murphy et al., 2009).

Hollon e Kriss (1984) hanno ideato una cornice di lavoro per esaminare questo problema nel loro modello del processo di cambiamento del paziente. In questa concettualizzazione le manipolazioni del trattamento (nella CBT-E sono chiamate strategie e procedure cognitivo comportamentali; per es. la procedura di mangiare in modo regolare) determinano cambiamenti dei meccanismi di trattamento (nella CBT-E sono chiamati meccanismi di mantenimento; per es. la restrizione dietetica cognitiva) che, a loro volta, producono un cambiamento dei sintomi clinici (nella CBT-E sono chiamati espressioni comportamentali della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione; per es. la riduzione degli episodi bulimici).

Lampard e Sharbanee (2015) sostengono che per perfezionare la CBT-E con il fine di migliorare l’esito del trattamento dobbiamo determinare: (i) la misura in cui i meccanismi di mantenimento cambiano nel corso della CBT-E; (ii) se i cambiamenti nei meccanismi di mantenimento corrispondono a riduzioni dei sintomi clinici e (iii) la misura in cui le strategie e procedure CBT-E sono associate a cambiamenti mirati dei meccanismi di mantenimento. Le risposte a queste domande sono pertinenti perché, se il meccanismo putativo di mantenimento non è associato alla riduzione dei sintomi clinici, allora non è necessario affrontarlo per ridurre gli episodi bulimici e purgativi. Inoltre, se le strategie e le procedure del trattamento non conferiscono un vantaggio specifico sui meccanismi di mantenimento, esse dovrebbero essere sostituite con tecniche che hanno un effetto più specifico.

Meccanismi di mantenimento affrontati dalla CBT-E per la bulimia nervosa

Come formulato dalla teoria cognitivo comportamentale transdiagnostica (vedi figura 1), la modificazione dell’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo e la riduzione della restrizione dietetica cognitiva sono i due meccanismi di mantenimento chiave affrontati dalla forma focalizzata della CBT-E per la bulimia nervosa. La teoria postula che il cambiamento di questi meccanismi si associa alla riduzione degli episodi bulimici e purgativi.

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Figura 1. Formulazione dei principali meccanismi di mantenimento della bulimia nervosa

Vari osservazioni supportano questa ipotesi. Per esempio, uno studio prospettico sul decorso naturale della bulimia nervosa in un campione della comunità in un periodo di 15 mesi ha trovato che i livelli più elevati basali di eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo si associa a un maggior incremento della restrizione dietetica cognitiva che, a sua volta, si associa a un simultaneo incremento degli episodi bulimici (Fairburn et al., 2003). Inoltre, due studi trasversali, che hanno usato il structural equation modelling in pazienti con bulimia nervosa, ha supportato il modello, osservando una relazione significativa tra eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo, restrizione dietetica cognitiva ed episodi bulimici nella bulimia nervosa (Lampard, Byrne, McLean, & Fursland, 2011; Lampard, Tasca, Balfour, & Bissada, 2013).

Studi sui mediatori del cambiamento nella CBT per la bulimia nervosa hanno anch’essi supportato questi meccanismi di mantenimento. Per esempio, la precoce riduzione della restrizione dietetica cognitiva durante il trattamento media i benefici della CBT, rispetto alla IPT, sulla riduzione della frequenza degli episodi bulimici e purgativi alla fine del trattamento (Wilson, Fairburn, Agras, Walsh, & Kraemer, 2002); mentre il cambiamento delle convinzioni disfunzionali sul corpo è associato alla diminuzione della preoccupazione nei confronti del peso nel corso del trattamento (Spangler, Baldwin, & Agras, 2004).

Purtroppo, le manipolazioni del trattamento, cioè le strategie e le procedure cognitivo comportamentali, ideate per produrre dei cambiamenti dei meccanismi di mantenimento sono state poco studiate. Uno studio, comunque, non ha fornito supporto alle manipolazioni di trattamento proposte dalla CBT per la bulimia nervosa (Spangler et al. 2004).

Il supporto, invece, sulla relazione tra i meccanismi di mantenimento aggiuntivi e i sintomi clinici della bulimia nervosa deriva da due studi trasversali eseguiti su pazienti che hanno richiesto un trattamento. Il primo ha trovato che la bassa autostima era associata all’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo e che i problemi interpersonali erano associati alla restrizione dietetica cognitiva (Lampard et al., 2011). Il secondo ha osservato una relazione tra intolleranza alle emozioni ed episodi bulimici (Lampard et al., 2013). I due studi non hanno però osservato un’associazione tra perfezionismo e restrizione dietetica. Questi dati indicano che l’intolleranza alle emozioni, la bassa autostima e i problemi interpersonali sono importanti meccanismi di mantenimento che dovrebbero essere integrati nel trattamento.

La CBT-E allargata, comunque, che include quattro moduli aggiuntivi per affrontare il perfezionismo clinico, la bassa autostima nucleare, i problemi interpersonali e l’intolleranza alle emozioni, non sembra offrire dei benefici aggiuntivi, come dimostrato dall’assenza di differenze significative nel tasso di remissione degli episodi bulimici e purgativi alla fine del trattamento nei pazienti allocati alla CBT-E focalizzata o alla CBT-E allargata (Fairburn et al., 2009). Qualche supporto ai moduli aggiuntivi è stato trovato solo in una seguente analisi esplorativa che ha osservato un vantaggio tendenziale della CBT-E allargata rispetto alla CBT-E focalizzata per i pazienti che avevano almeno due meccanismi di mantenimento aggiuntivi. È da sottolineare, comunque, che questo beneficio era molto piccolo (d = . 13) e non significativo.

Uno studio aperto ha osservato che la bassa autostima migliora con la CBT-E (Byrne et al., 2011). Ci sono, comunque, alcune indicazioni che questo cambiamento si verifica anche senza l’inclusione del modulo aggiuntivo bassa autostima nucleare (Agras et al., 2000; Leitenberg, Rosen, Gross, Nudelman, & Vara; Wilson, Eldredge, Smith, & Niles, 1991). Allo stesso modo, il miglioramento dei problemi interpersonali, che si osserva con la CBT-E, non sembra essere dovuto all’inclusione del modulo problemi interpersonali, che usa le strategie e le procedure dell’IPT, perché gli studi che hanno confrontato la IPT con la CBT per la bulimia nervosa non hanno mostrato un consistente beneficio dell’IPT sui problemi interpersonali in confronto con la CBT (Wilfley, Welch, & Stein, 2002; Wilfley, 1993; Wilson et al., 2002).

È da sottolineare, comunque, che la presenza di intolleranza alle emozioni predice l’interruzione del trattamento (Carter et al., 2012) e che i pazienti che hanno un minor miglioramento dell’autostima alla fine del trattamento hanno una maggiore tendenza, non significativa, alla ricaduta dopo 6 mesi della conclusione della CBT-E, rispetto a quelli che hanno ottenuto un maggior miglioramento dell’autostima (Ghaderi, 2006; Welch & Ghaderi, 2013). Allo stesso modo la regolazione delle emozioni (Safer, Lively, Telch, & Agras, 2002) e i problemi interpersonali (Keel, Dorer, Franko, Jackson, & Herzog, 2005; Olmsted, Kaplan, & Rockert, 1994) sono associati alla ricaduta dopo la conclusione dei trattamenti psicologici per i disturbi dell’alimentazione.

Conclusioni e direzioni future

Lo sviluppo della CBT-E rappresenta una pieta miliare significativa nel trattamento della bulimia nervosa. Ciononostante, è chiaro che è necessario cercare di migliorarne l’efficacia e che per raggiungere questo obiettivo dobbiamo migliorare la comprensione dei processi di cambiamento dei pazienti trattati.

Secondo Lampard e Sharbanee (2015), la loro revisione aiuta a trarre due importanti conclusioni e delle raccomandazioni per la ricerca futura. La prima è che c’è poca evidenza che le strategie e le procedure della CBT-E siano specificatamente responsabili del cambiamento dei meccanismi di mantenimento ipotizzati. Ciò, comunque, è dovuto al fatto che questa ricerca non è stata ancora eseguita nella CBT-E . Per esempio, un solo studio ha mostrato che i moduli aggiuntivi non conferiscono alcun vantaggio nell’esito della CBT-E per la bulimia nervosa (Fairburn et al., 2009) – lo stesso risultato è stato osservato da uno studio su pazienti affetti da anoressia nervosa trattati con la CBT-E ospedaliera (Dalle Grave et al., 2013) – e nessuno studio ha esaminato gli effetti dei singoli moduli sui meccanismi di mantenimento aggiuntivi e quindi  sulla riduzione dei sintomi.

La seconda è che alcuni pazienti non migliorano con la CBT-E e che i meccanismi di intolleranza alle emozioni, bassa autostima e problemi interpersonali sembrano contribuire alla ricaduta e all’interruzione del trattamento. Per questi motivi è necessario incrementare gli elementi attivi del trattamento che affrontano questi meccanismi. Ci sono tre modi per raggiungere questo obiettivo: (i) determinare i meccanismi attivi della CBT-E e aumentare il dosaggio delle manipolazioni che affrontano questi meccanismi (Murphy et al., 2009); (ii) identificare altri elementi attivi che portano a cambiamenti delle cognizioni e dei comportamenti del paziente e determinare come questi ingredienti del trattamento determinano il cambiamento (per es. l’alleanza terapeutica potrebbe determinare un cambiamento degli schemi interpersonali disfunzionali e, attraverso una diminuzione delle emozioni negative, la riduzione degli episodi bulimici – Safran, 1998); (iii) identificare strategie e procedure alternative derivate da altre forme di psicoterapia che affrontano alcuni meccanismi di mantenimento e includerle nella CBT-E. Esempi potrebbero essere l’inclusione di tecniche derivate dall’intervista motivazionale per aumentare l’ingaggio del paziente nel trattamento  (Geller & Dunn, 2011) o i dialoghi con la sedia vuota della Gestalt (Elliott, Goldman, Watson, & Greenberg, 2004) per favorire attraverso un processamento delle emozioni l’interruzione di alcuni meccanismi di mantenimento del disturbo.

Infine, una possibilità non presa in considerazione da Lampard e Sharbanee, è che l’insuccesso della CBT-E ambulatoriale, in alcuni casi, può dipendere dall’insufficiente intensità di cura e non dalla natura del trattamento. Da questa considerazione è stata sviluppata dal gruppo della casa di cura Villa Garda la CBT-E multistep che offre, per la prima volta nel campo della psicoterapia per i disturbi dell’alimentazione, la possibilità di implementare un trattamento a passi multipli di intensità crescente (CBT-E ambulatoriale, CBT-E ambulatoriale intensiva e CBT-E ospedaliera) che adotta la stessa teoria e le medesime strategie e procedure a ogni livello di cura (Dalle Grave, 2013). L’unica differenza tra i vari passi è l’intensità del trattamento, meno intensa nei pazienti trattati con la CBT-E ambulatoriale, più intensa in quelli gestiti con la CBT-E ospedaliera. All’interno di questo approccio a tre passi, ai pazienti che non rispondono al trattamento meno intensivo è offerta una forma di CBT-E più intensiva (per es. la CBT-E ambulatoriale intensiva o la CBT-E ospedaliera) senza modificare la natura del trattamento. Il fatto che un ampio numero di pazienti che non ha risposto alla CBT-E ambulatoriale vada in remissione con la CBT-E ospedaliera, come dimostrato da due studi eseguiti presso la casa di cura Villa Garda (Dalle Grave et al., 2013; 2014), è un’osservazione che supporta l’ipotesi che in un sottogruppo di pazienti l’inefficacia della CBT-E non dipende dalla natura del trattamento ma dalla sua insufficiente intensità.

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Per migliorare l’efficacia della CBT-E dobbiamo determinare: (i) la misura in cui i meccanismi di mantenimento cambiano nel corso del trattamento (ii) se i cambiamenti nei meccanismi di mantenimento corrispondono a riduzioni dei sintomi clinici e (iii) la misura in cui le strategie e procedure del trattamento sono associate a cambiamenti mirati dei meccanismi di mantenimento.

Teoria e terapia cognitivo comportamentale della bulimia nervosa: una valutazione dei meccanismi di trattamento e direzioni future

17 gennaio 2015