Commento alle lettere all’editore sullo studio di Poulsen e collaboratori cha ha confrontato la CBT-E con la psicoterapia psicoanalitica nel trattamento della bulimia nervosa

A cura di: Massimiliano Sartirana1 e Riccardo Dalle Grave2

1Unità Locale AIDAP Verona; 2Unità di Riabilitazione Nutrizionale Casa di Cura Villa Garda.

Un recente numero dell’American Journal of Psychiatry ha pubblicato una lettera di Tasca e colleghi [1] e la risposta di  Poulsen e Lunn [2] riguardante lo studio che ha confrontato la CBT-E (Terapia Cognitivo Comportamentale-Potenziata) con una forma di psicoterapia psicoanalitica nel trattamento della bulimia nervosa [3].

Tasca e colleghi affermano che i risultati dello studio danese non sono sorprendenti se si tiene conto che: (i) la frequenza degli episodi bulimici e purgativi è stata scelta come esito primario dell’efficacia del trattamento; (ii) la CBT-E, un trattamento focalizzato sull’affrontare gli episodi bulimici e purgativi, è stata confrontata con una forma di psicoterapia psicoanalitica non focalizzata sui sintomi. Sulla base di queste premesse, gli autori sostengono che il confronto non può essere rappresentativo della psicoterapia psicoanalitica condotta nella realtà clinica. A supporto di questa affermazione, gli autori citano lo studio controllato e randomizzato di Zipfel e colleghi, recentemente pubblicato sul Lancet, in cui si è evidenziato che la terapia psicodinamica manualizzata focalizzata sui sintomi dei disturbi dell’alimentazione ha risultati equivalenti alla CBT-E nel trattamento dell’anoressia nervosa [4]. Gli autori concludono la loro lettera affermando che, visti i risultati modesti ottenuti dalla CBT-E, sarebbe una sfortuna se i pazienti potessero avere accesso solo a pochi interventi che forniscono una remissione in meno della metà dei casi.

Poulsen e Lunn replicano sostendo di essere consapevoli che la forma di psicoterapia psicodinamica valutata non sia rappresentativa in toto della psicoterapia psicodinamica e di quelle focalizzate sui sintomi del disturbo dell’alimentazione. Gli autori danesi, però, ribadiscono l’importanza dei risultati dello studio che ha dimostrato la minore efficacia della psicoterapia psicoanalitica rispetto alla CBT-E. Inoltre, sottolineano le implicazioni cliniche della ricerca, in particolare la necessità di testare nei trial futuri una terapia psicodinamica che abbia un approccio più diretto ai sintomi bulimici. Relativamente alla critica che la psicoterapia psicoanalitica utilizzata nello studio non sia un trattamento praticato nel mondo reale, Poulsen e Lunn rispondono affermando che essa è praticata ampiamente sia in Danimarca sia in altri Paesi europei. Infine, in merito allo studio di Zipfel e colleghi, gli autori danesi raccomandano di essere cauti nel trarre conclusioni sul trattamento della bulimia nervosa basate sul confronto con quello dell’anoressia nervosa perché i due disturbi, pur avendo molte somiglianze, pongono problemi clinici diversi.

Commento

Prima di commentare le due lettere, va ricordato che lo studio di Poulsen e colleghi è importante nella ricerca in psicoterapia per due motivi principali [5]. Primo, i risultati contraddicono l’opinione generale che tutti i trattamenti psicologici producono risultati simili perché agiscono attraverso fattori comuni non specifici. Secondo, non solo la CBT-E si è dimostrata molto più efficace della psicoterapia psicoanalitica (interruzione degli episodi bulimici: 44% vs 15% dopo 24 mesi, rispettivamente), ma ha raggiunto questo risultato con un trattamento più breve e meno costoso (20 sedute in 20 settimane, rispetto a 70 sedute in due anni).

Per quanto riguarda le due lettere, riteniamo opportuno commentare tre punti principali. Primo, pensiamo sia improprio usare il termine sintomo, quando ci si riferisce agli episodi bulimici e ai comportamenti purgativi. Questi comportamenti, infatti, sono l’espressione dell’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo, considerata la psicopatologia specifica e centrale della bulimia nervosa e, a loro volta, contribuiscono a mantenerla attraverso molteplici meccanismi. Per esempio, gli episodi bulimici aumentano la preoccupazione per il peso e la forma del corpo e favoriscono l’adozione di comportamenti estremi di controllo del peso. I comportamenti purgativi, invece, favoriscono un aumento della frequenza degli episodi bulimici perché i pazienti, credendo di eliminare tutte le calorie introdotte con questi comportamenti, non hanno più un deterrente nei confronti dell’alimentazione in eccesso. Per questo motivo, a nostro avviso, gli episodi bulimici e i comportamenti purgativi sono meglio definiti come meccanismi di mantenimento della bulimia nervosa e non come semplici sintomi del disturbo.

Secondo, lo studio di Zipfel e collaboratori [4], riportato come esempio da Tasca e collaboratori per sostenere che la terapia psicodinamica manualizzata focalizzata sui sintomi dei disturbi dell’alimentazione abbia risultati equivalenti alla CBT-E, ha due gravi difetti metodologici [6]. Il primo riguarda la validità interna dello studio, in particolare il fatto che i terapeuti tedeschi non avevano ricevuto una formazione adeguata per somministrare la CBT-E. Il secondo riguarda il fatto che circa 1/3 dei pazienti sono stati ospedalizzati a causa del basso peso. In questo modo gli esiti dell’intervento, e quindi i risultati della ricerca, sono stati fortemente condizionati dal ricovero. Inoltre, concordiamo con Poulsen e Lunn che la gestione dell’anoressia nervosa, ponendo problemi clinici diversi da quelli della bulimia nervosa, non permette di confrontare lo studio danese con quello tedesco.

Infine, in qualità di ricercatori e clinici che hanno l’obiettivo primario di offrire la miglior cura alle persone che soffrono di disturbi dell’alimentazione, contestiamo la considerazione finale di Tasca e collaboratori che, facendo riferimento ai risultati “a loro avviso” modesti della CBT-E, concludono che studi come quello danese aumentano il rischio di limitare l’accesso dei pazienti a pochi interventi. Lo studio di Poulsen e colleghi, a nostro avviso, indica invece che la CBT-E è un intervento da preferire rispetto alla psicoterapia psicoanalitica per la cura della bulimia nervosa e ci auguriamo che la conoscenza di questi risultati sia diffusa alla classe medica e al grande pubblico.

Bibliografia

  1. Tasca GA, Hilsenroth M, Thompson-Brenner H: Psychoanalytic psychotherapy or cognitive-behavioral therapy for bulimia nervosa. Am J Psychiatry 2014, 171:583-584.
  2. Poulsen S, Lunn S: Response to Tasca et al. Am J Psychiatry 2014, 171:584.
  3. Poulsen S, Lunn S, Daniel SI, Folke S, Mathiesen BB, Katznelson H, Fairburn CG: A randomized controlled trial of psychoanalytic psychotherapy or cognitive-behavioral therapy for bulimia nervosa. Am J Psychiatry 2014, 171:109-116.
  4. Zipfel S, Wild B, Gross G, Friederich HC, Teufel M, Schellberg D, Giel KE, de Zwaan M, Dinkel A, Herpertz S, et al: Focal psychodynamic therapy, cognitive behaviour therapy, and optimised treatment as usual in outpatients with anorexia nervosa (ANTOP study): randomised controlled trial. Lancet 2014, 383:127-137.
  5. El Ghoch M, Patacca E: Trial randomizzato controllato: un confronto tra la terapia psicoanalitica e la terapia cognitivo comportamentale nel trattamento della Bulimia Nervosa. Emozioni e Cibo 2013:13-14.
  6. 232Calugi S, Dalle Grave  R: ANTOP Study: due importanti difetti metodologici. Emozioni e Cibo 2013:19-20.