Prevenzione dell’obesità e dei disturbi dell’alimentazione: una considerazione sui fattori di rischio condivisi.

A cura di: Massimiliano Sartirana1 e Riccardo Dalle Grave2

1Unità Locale AIDAP Verona; 2Unità di Riabilitazione Nutrizionale Casa di Cura Villa Garda.

Fonte: Haines J, Neumark-Sztainer D (2006) Prevention of obesity and eating disorders: a consideration of shared risk factors. Health Education Research 21:770-782.

Introduzione

La crescente prevalenza dell’obesità e dei disturbi dell’alimentazione tra i giovani suggerisce l’utilità di ideare un programma integrato di prevenzione per tre motivi principali. Primo, è più efficiente da una punto di vista economico affrontare due condizioni (obesità e disturbi dell’alimentazione) in un unico intervento di prevenzione. Secondo, un unico intervento riduce il rischio di fornire informazioni contradditorie e causare inavvertitamente un disturbo (es. l’obesità) nel cercare di prevenire l’altro (es. disturbo dell’alimentazione di gravità clinica). Terzo, ci sono evidenze che i disturbi dell’alimentazione e l’obesità hanno alcuni fattori di rischio condividi.

In questo lavoro riportiamo la sintesi e i commenti di un articolo pubblicato su “Health Education Research” da Haines e Neumark-Sztainer che ha rivisto le evidenze dell’esistenza di quattro fattori di rischio condivisi tra obesità e disturbi dell’alimentazione  (Figura 1).

Figura 1. Fattori di rischio condivisi tra obesità e disturbi dell’alimentazione

Dieta

Studi trasversali prospettici osservazionali hanno evidenziato che gli adolescenti che seguono una dieta, pareggiati per BMI, sviluppo puberale, assunzione calorica e livelli di attività/inattività fisica, recuperano più peso rispetto ai loro coetanei non a dieta.

Gli autori hanno ipotizzato i seguenti tre processi responsabili dell’aumento di peso associato alla dieta negli adolescenti:

  1. Effetto della violazione del controllo. Gli individui a dieta, in accordo con la teoria di Herman e Polivy, sono maggiormente vulnerabili ad avere episodi bulimici e di alimentazione in eccesso – un’ipotesi supportata da alcuni studi prospettici in cui la dieta è stata trovate essere un predittore dello sviluppo di episodi bulimici tra le ragazze adolescenti
  2. Aumento nell’efficienza metabolica. Gli individui costantemente possono influenzare negativamente il metabolismo basale ed essere più a rischio di aumentare di peso.
  3. Restrizione dietetica cognitiva ma non calorica. Alcuni studi hanno evidenziato che coloro che fanno la dieta e rispetto a quelli che non la fanno non differiscono significativamente nei livelli di assunzione calorica.

Studi retrospettivi e prospettici hanno dimostrato che la dieta precede i comportamenti alimentari disturbati e che negli adolescenti predice un rischio maggiore di comportamenti alimentari disturbati e di disturbi dell’alimentazione sottosoglia.

Nel loro insieme questi risultati suggeriscono che gli interventi finalizzati a prevenire comportamenti dietetici estremi nei giovani potrebbero ridurre l’incidenza sia dell’obesità sia dei disturbi dell’alimentazione.

Media

Trials di intervento sull’obesità nelle scuole hanno trovato che la riduzione del tempo trascorso davanti alla televisione predice la diminuzione della prevalenza dell’obesità tra le ragazze del ginnasio e il BMI tra i bambini delle scuole elementari.

È stato ipotizzato che i processi attraverso cui la televisione promuove lo sviluppo di obesità siano due: (i) favorisce uno stile di vita sedentario; (ii) aumenta le calorie assunte come risultato dei messaggi pubblicitari sul cibo. Il secondo processo è sostenuto da una revisione della letteratura e da studi trasversal in cui è stato osservato che il tempo di esposizione a messaggi pubblicitari influenza le scelte e il consumo di cibi ad alta densità energetica.

Le teorie sui fattori di rischio socioculturali dei disturbi dell’alimentazione ipotizzano che la pressione sociale a conformarsi all’ideale culturale proposto per la taglia e la forma del corpo favorisce la seguente sequenza: pressione sociale verso la magrezza  interiorizzazione dell’ideale di magrezza  insoddisfazione corporea  emozioni negative e adozione di comportamenti non salutari dell’alimentazione  disturbo dell’alimentazione.

Risultati provenienti da ricerche trasversali, prospettiche e sperimentali hanno dato sostegno a questa teoria dimostrando un’associazione positiva tra uso dei media, insoddisfazione corporea e comportamenti alimentari disturbati sia tra i bambini sia tra gli adolescenti. Inoltre, la diminuzione della lettura di riviste è associata a una riduzione dei sintomi del disturbo dell’alimentazione in un campione di ragazze adolescenti.

Numerosi esperimenti di laboratorio hanno anche evidenziato che l’esposizione a immagini che rappresentano l’ideale di magrezza determinano un modesto e acuto aumento dell’insoddisfazione corporea e un incremento delle emozioni negative. Inoltre, il tentativo di assomigliare a donne rappresentate sui media si associa a comportamenti purgativi con una probabilità quasi di due volte superiore rispetto chi non ha questa ambizione.

Insoddisfazione corporea

L’insoddisfazione corporea può avere un ruolo rilevante nello sviluppo dell’obesità per tre motivi principali: (ii) è associata agli episodi bulimici; (ii) è associata a bassi livelli di attività fisica; (iii) è un fattore di rischio accertato dei disturbi dell’alimentazione.

Studi prospettici hanno evidenziato che le ragazze insoddisfatte del loro corpo hanno un’aumentata probabilità di avere episodi bulimici rispetto a quelle soddisfatte del loro corpo. L’associazione può essere mediata dalla dieta o dalle emozioni negative, dal momento che l’insoddisfazione corporea ha per le adolescenti un ruolo predominante nella valutazione di sè.

Contrariamente a quello che si può pensare, risultati da studi qualitativi, trasversali e prospettici hanno evidenziato che l’insoddisfazione corporea si associa a una minore partecipazione all’attività fisica.

L’insoddisfazione corporea è uno dei più forti e confermati fattori di rischio dei disturbi dell’alimentazione. E’ stato ipotizzato che l’insoddisfazione corporea possa favorire lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione attraverso tre meccanismi principali. Primo, spinge a cercare di raggiungere l’ideale di magrezza attraverso la dieta che a sua volta aumenta il rischio di sviluppare la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione. Secondo, favorisce lo sviluppo di emozioni negative (ansia o depressione), che a loro volta, possono aumentare il rischio di sviluppare episodi bulimici e di usare comportamenti di compenso. Terzo, può favorire direttamente lo sviluppo di un disturbo dell’alimentazione.

Il ruolo che l’insoddisfazione corporea può avere nel favorire lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione è stato dimostrato da studi trasversali e prospettivi in cui è stato osservato in campioni di bambini e di adolescenti, che livelli più elevati di insoddisfazione corporea si associano con maggior frequenza alla dieta e predicono emozioni negative, episodi bulimici e lo sviluppo della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione.

Prese in giro nei confronti del peso e della forma del corpo

I dati provenienti da studi trasversali, caso controllo e longitudinali su adolescenti hanno evidenziato che le prese in giro per il peso e la forma del corpo aumentano il rischio di sviluppare episodi bulimici e comportamenti purgativi e sono predittivi di  episodi bulimici sia nei maschi che nelle femmine dopo aver pareggiato i partecipanti per età, razza/etnicità e stato socio economico.

I principali processi ipotizzati attraverso cui le prese in giro portano allo sviluppo di obesità sono tre: (i) sviluppo di emozioni negative (es. depressione) che favoriscono gli episodi bulimici; (ii) sviluppo di insoddisfazione corporea che può portare ad episodi bulimici (vedi sopra); (iii) uso della dieta per  evitare future potenziali episodi di stigma per il peso e la forma del corpo che favorisce gli episodi bulimici (vedi sopra). In tutti e tre i casi gli episodi bulimici favoriscono l’aumento del peso e l’obesità.

Studi retrospettivi e trasversali su popolazioni adulte hanno evidenziato livelli più elevati di comportamenti dietetici restrittivi e alimentari disturbati nelle donne che da bambine hanno riportato di essere state prese in giro per l’aspetto fisico rispetto a quelle che non hanno riportato queste esperienze. Gli studi prospettici condotti su ragazze adolescenti hanno evidenziato che le prese in giro sono direttamente associate al grado di insoddisfazione corporea che a sua volta predice comportamenti restrittivi ed episodi bulimici. Uno studio ha anche osservato che le prese in giro predicono punteggi più elevati di disturbi dell’alimentazione tra i maschi, ma non tra le femmine. Simili differenze di genere sono stata osservate anche in analisi longitudinali eseguite in un ampio campione di adolescenti. Questi risultati possono essere spiegati dal fatto che le prese in giro nelle femmine non spiegano in modo indipendente i comportamenti alimentari disturbati, dal momento che le ragazze ricevono messaggi per raggiungere l’ideale di magrezza da un maggiore numero di fonti rispetto ai maschi.

Commento

L’articolo di Haines e Neumark-Sztainer è interessante per le sue implicazioni riguardanti la prevenzione dei disturbi dell’alimentazione e dell’obesità. L’identificazione di fattori di rischio condivisi è infatti un passo iniziale necessario per sviluppare programmi di prevenzione potenzialmente efficaci e per costruire un unico programma di prevenzione applicabile sia ai disturbi dell’alimentazione sia all’obesità. L’articolo fornisce anche un preliminare supporto all’esistenza di fattori di rischio condivisi e può essere uno stimolo per cercare di identificare altri potenziali fattori di rischio condivisi tra obesità e disturbi dell’alimentazione come, per esempio, l’autostima, la depressione, il perfezionismo, il supporto familiare e l’osservazione di comportamenti legati al controllo dell’alimentazione e del peso.