I disturbi dell’alimentazione sono tra le condizioni di salute mentale più fraintese. Nonostante decenni di ricerca e di miglioramento dei trattamenti, i miti continuano a influenzare le cure e a condizionare le esperienze dei pazienti. Un nuovo articolo pubblicato su The Cognitive Behaviour Therapist fa luce sulla terapia cognitivo-comportamentale migliorata (CBT-E), una delle terapie più efficaci per i disturbi dell’alimentazione, ed esplora i fraintendimenti che ne ostacolano una diffusione più ampia.
Gli autori evidenziano dieci comuni incomprensioni sulla CBT-E. Il loro obiettivo non è criticare i clinici o i pazienti, ma incoraggiare conversazioni aperte, flessibilità e fiducia in una terapia che ha aiutato molte persone a guarire.
Che cos’è la CBT-E?
La CBT-E è un trattamento psicologico basato sulle evidenze, progettato specificamente per i disturbi dell’alimentazione. A differenza delle terapie legate a una sola diagnosi, adotta un approccio “transdiagnostico”, cioè funziona per anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da binge-eating e condizioni correlate.
La CBT-E non è un trattamento rigido: è guidata da una formulazione, ovvero un diagramma personalizzato dei meccanismi psicologici che mantengono il disturbo. Terapeuta e paziente usano questa mappa per identificare e affrontare i meccanismi di mantenimento, sostituendoli con modi di pensare, affrontare e alimentarsi più sani e flessibili.
I 10 fraintendimenti sulla CBT-E
L’articolo mette in evidenza dieci convinzioni errate che possono scoraggiare i clinici dall’offrire la CBT-E o rendere i pazienti meno propensi a iniziare questo trattamento efficace. Ecco i principali, spiegati in modo semplice.
- “La CBT-E è rigida e richiede un’adesione stretta a un protocollo fisso”
Non è vero. Pur avendo una struttura, la CBT-E è pensata per adattarsi ai bisogni della singola persona, affrontando i suoi specifici meccanismi psicologici di mantenimento. È come una mappa flessibile: i punti di riferimento sono gli stessi, ma il percorso varia per ogni viaggiatore.
- “La CBT-E è semplicemente la CBT standard applicata ai disturbi dell’alimentazione”
Non è una CBT generica. È stata sviluppata appositamente per affrontare i pensieri, le emozioni e i comportamenti tipici dei disturbi dell’alimentazione, diversi da quelli della depressione o dell’ansia.
- “La CBT-E affronta solo i comportamenti osservabili senza considerare i problemi profondi”
Falso. La CBT-E lavora su pensieri, emozioni, significati e funzioni del disturbo alimentare. Include anche uno spazio per comprendere le esperienze passate.
- “La CBT-E ha poca efficacia nella pratica clinica quotidiana”
Studi condotti in diversi Paesi dimostrano che funziona in vari contesti: servizi territoriali, day hospital e strutture residenziali. La sfida non è se funzioni, ma garantire che le persone vi accedano in tempo e lo portino a termine.
- “La CBT-E non è adatta ai pazienti complessi, soprattutto con comorbilità”
La complessità è la norma, non l’eccezione, nei disturbi dell’alimentazione. La maggior parte dei pazienti ha anche depressione, ansia o altre difficoltà. La CBT-E ha dimostrato efficacia anche in questi casi, grazie alla sua struttura modulare che consente adattamenti.
- “La CBT-E è adatta solo alla cura ambulatoriale e non ai trattamenti intensivi”
Sebbene sviluppata per l’ambito ambulatoriale, oggi è stata adattata con successo anche per day hospital e reparti ospedalieri riabilitativi.
- “La CBT-E è lunga e richiede troppe risorse, quindi non è praticabile su larga scala”
Alcuni pazienti possono beneficiarne in sole 20 sedute, altri richiedono trattamenti più lunghi. Esistono inoltre versioni digitali e di auto-aiuto guidato per ampliarvi l’accesso.
- “La CBT-E è pensata per adulti e non va bene per adolescenti.”
La CBT-E è stata adattata anche per adolescenti, con risultati promettenti. Coinvolge i genitori come aiutanti, rispettando al contempo l’autonomia crescente dell’adolescente.
- “La CBT-E è intrinsecamente stigmatizzante rispetto al peso”
Al contrario: la CBT-E è esplicitamente anti-dieta ed ha l’obiettivo di ridurre l’importanza attribuita ala peso e alla forma del corpo nella valutazione di sè. Gli autori riconoscono che in passato alcune pratiche potevano riflettere un linguaggio stigmatizzante, ma oggi il trattamento adotta un approccio compassionevole e inclusivo.
- “La CBT-E non è adatta a persone con corpi più grandi.”
I disturbi dell’alimentazione colpiscono individui di tutte le taglie, e la CBT-E può aiutare in tutto lo spettro del peso. Affronta direttamente gli effetti nocivi della cultura della dieta e dello stigma interiorizzato del peso, incoraggiando forme di autovalutazione che vadano oltre la dimensione corporea.
Perché questi miti sono importanti
I fraintendimenti limitano l’accesso alle cure. Se un clinico crede che la CBT-E non funzioni per un paziente “complesso”, i suoi pazienti possono perdere un’occasioni di cura efficace. Le false credenze scoraggiano entrambe le parti dall’intraprendere un trattamento potenzialmente trasformativo.
Chiarire cosa sia davvero la CBT-E rende le cure più accessibili ed efficaci, incoraggiando i clinici a utilizzarla con fiducia e i pazienti ad affrontarla con speranza.
Una terapia che evolve insieme ai pazienti
Uno dei punti di forza della CBT-E è la sua capacità di evolvere con il progresso nella comprensione dei disturbi dell’alimentazione. Alcuni aggiornamenti importanti includono:
- Abbandono del BMI come indicatore di salute, riconosciuto come limitato e fuorviante, a favore del benessere globale.
- Uso di un linguaggio compassionevole e neutrale rispetto al peso, per ridurre lo stigma e favorire la comprensione.
- Sviluppo di adattamenti digitali e modulari, come la terapia online, i formati di auto-aiuto e moduli specifici per traumi o diversità culturali.
Questa adattabilità rende la CBT-E più di un trattamento statico: è un approccio “vivo” che cresce con la ricerca e l’esperienza clinica.
Uno sguardo più ampio
I disturbi dell’alimentazione possono avere effetti devastanti, ma la loro remissione è possibile con il giusto supporto. Il messaggio degli autori è di speranza: se usata correttamente, la CBT-E può aiutare molte persone a riprendere in mano la propria vita.
Sostituire i miti con informazioni accurate favorisce flessibilità, collaborazione e compassione nel trattamento. I terapeuti sono incoraggiati a vedere i fraintendimenti come occasioni di riflessione e apprendimento, mentre i pazienti possono sentirsi rassicurati.
Conclusione
La CBT-E non è una cura miracolosa, né è adatta a tutti. Ma, se applicata con comprensione, flessibilità e rispetto, può trasformare la vita delle persone.
I fraintendimenti possono ostacolare l’adozione di questa terapia efficace da parte dei clinici e dei pazienti, ma la comunicazione chiara e le evidenze possono aprire nuove strade. Per chiunque sia toccato dai disturbi dell’alimentazione, paziente, familiare o clinico, il messaggio è importante: la CBT-E offre una via d’uscita dalla prigione del disturbo alimentare verso una vita più piena e libera.
Murphy R, Bailey-Straebler S, Dalle Grave R, Calugi S, Osborne EL, Cooper Z. Evolving perspectives on CBT-E for eating disorders: clarifying ten key points – misconceptions and communication gaps explored. The Cognitive Behaviour Therapist. 2025;18:1–19. doi: 10.1017/s1754470x25100299.
CBT-E e disturbi dell’alimentazione: 10 chiarimenti fondamentali su miti e incomprensioni
Riccardo Dalle Grave
I disturbi dell’alimentazione sono tra le condizioni di salute mentale più fraintese. Nonostante decenni di ricerca e di miglioramento dei trattamenti, i miti continuano a influenzare le cure e a condizionare le esperienze dei pazienti. Un nuovo articolo pubblicato su The Cognitive Behaviour Therapist fa luce sulla terapia cognitivo-comportamentale migliorata (CBT-E), una delle terapie più efficaci per i disturbi dell’alimentazione, ed esplora i fraintendimenti che ne ostacolano una diffusione più ampia.
Gli autori evidenziano dieci comuni incomprensioni sulla CBT-E. Il loro obiettivo non è criticare i clinici o i pazienti, ma incoraggiare conversazioni aperte, flessibilità e fiducia in una terapia che ha aiutato molte persone a guarire.
Che cos’è la CBT-E?
La CBT-E è un trattamento psicologico basato sulle evidenze, progettato specificamente per i disturbi dell’alimentazione. A differenza delle terapie legate a una sola diagnosi, adotta un approccio “transdiagnostico”, cioè funziona per anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da binge-eating e condizioni correlate.
La CBT-E non è un trattamento rigido: è guidata da una formulazione, ovvero un diagramma personalizzato dei meccanismi psicologici che mantengono il disturbo. Terapeuta e paziente usano questa mappa per identificare e affrontare i meccanismi di mantenimento, sostituendoli con modi di pensare, affrontare e alimentarsi più sani e flessibili.
I 10 fraintendimenti sulla CBT-E
L’articolo mette in evidenza dieci convinzioni errate che possono scoraggiare i clinici dall’offrire la CBT-E o rendere i pazienti meno propensi a iniziare questo trattamento efficace. Ecco i principali, spiegati in modo semplice.
Non è vero. Pur avendo una struttura, la CBT-E è pensata per adattarsi ai bisogni della singola persona, affrontando i suoi specifici meccanismi psicologici di mantenimento. È come una mappa flessibile: i punti di riferimento sono gli stessi, ma il percorso varia per ogni viaggiatore.
Non è una CBT generica. È stata sviluppata appositamente per affrontare i pensieri, le emozioni e i comportamenti tipici dei disturbi dell’alimentazione, diversi da quelli della depressione o dell’ansia.
Falso. La CBT-E lavora su pensieri, emozioni, significati e funzioni del disturbo alimentare. Include anche uno spazio per comprendere le esperienze passate.
Studi condotti in diversi Paesi dimostrano che funziona in vari contesti: servizi territoriali, day hospital e strutture residenziali. La sfida non è se funzioni, ma garantire che le persone vi accedano in tempo e lo portino a termine.
La complessità è la norma, non l’eccezione, nei disturbi dell’alimentazione. La maggior parte dei pazienti ha anche depressione, ansia o altre difficoltà. La CBT-E ha dimostrato efficacia anche in questi casi, grazie alla sua struttura modulare che consente adattamenti.
Sebbene sviluppata per l’ambito ambulatoriale, oggi è stata adattata con successo anche per day hospital e reparti ospedalieri riabilitativi.
Alcuni pazienti possono beneficiarne in sole 20 sedute, altri richiedono trattamenti più lunghi. Esistono inoltre versioni digitali e di auto-aiuto guidato per ampliarvi l’accesso.
La CBT-E è stata adattata anche per adolescenti, con risultati promettenti. Coinvolge i genitori come aiutanti, rispettando al contempo l’autonomia crescente dell’adolescente.
Al contrario: la CBT-E è esplicitamente anti-dieta ed ha l’obiettivo di ridurre l’importanza attribuita ala peso e alla forma del corpo nella valutazione di sè. Gli autori riconoscono che in passato alcune pratiche potevano riflettere un linguaggio stigmatizzante, ma oggi il trattamento adotta un approccio compassionevole e inclusivo.
I disturbi dell’alimentazione colpiscono individui di tutte le taglie, e la CBT-E può aiutare in tutto lo spettro del peso. Affronta direttamente gli effetti nocivi della cultura della dieta e dello stigma interiorizzato del peso, incoraggiando forme di autovalutazione che vadano oltre la dimensione corporea.
Perché questi miti sono importanti
I fraintendimenti limitano l’accesso alle cure. Se un clinico crede che la CBT-E non funzioni per un paziente “complesso”, i suoi pazienti possono perdere un’occasioni di cura efficace. Le false credenze scoraggiano entrambe le parti dall’intraprendere un trattamento potenzialmente trasformativo.
Chiarire cosa sia davvero la CBT-E rende le cure più accessibili ed efficaci, incoraggiando i clinici a utilizzarla con fiducia e i pazienti ad affrontarla con speranza.
Una terapia che evolve insieme ai pazienti
Uno dei punti di forza della CBT-E è la sua capacità di evolvere con il progresso nella comprensione dei disturbi dell’alimentazione. Alcuni aggiornamenti importanti includono:
Questa adattabilità rende la CBT-E più di un trattamento statico: è un approccio “vivo” che cresce con la ricerca e l’esperienza clinica.
Uno sguardo più ampio
I disturbi dell’alimentazione possono avere effetti devastanti, ma la loro remissione è possibile con il giusto supporto. Il messaggio degli autori è di speranza: se usata correttamente, la CBT-E può aiutare molte persone a riprendere in mano la propria vita.
Sostituire i miti con informazioni accurate favorisce flessibilità, collaborazione e compassione nel trattamento. I terapeuti sono incoraggiati a vedere i fraintendimenti come occasioni di riflessione e apprendimento, mentre i pazienti possono sentirsi rassicurati.
Conclusione
La CBT-E non è una cura miracolosa, né è adatta a tutti. Ma, se applicata con comprensione, flessibilità e rispetto, può trasformare la vita delle persone.
I fraintendimenti possono ostacolare l’adozione di questa terapia efficace da parte dei clinici e dei pazienti, ma la comunicazione chiara e le evidenze possono aprire nuove strade. Per chiunque sia toccato dai disturbi dell’alimentazione, paziente, familiare o clinico, il messaggio è importante: la CBT-E offre una via d’uscita dalla prigione del disturbo alimentare verso una vita più piena e libera.
Murphy R, Bailey-Straebler S, Dalle Grave R, Calugi S, Osborne EL, Cooper Z. Evolving perspectives on CBT-E for eating disorders: clarifying ten key points – misconceptions and communication gaps explored. The Cognitive Behaviour Therapist. 2025;18:1–19. doi: 10.1017/s1754470x25100299.